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Dante Alighieri
(1265–1321)
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Biografi
Søg
A
Affetto al suo piacer, quel contemplante
Al fine de le sue parole il ladro
Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo
Al tornar de la mente, che si chiuse
Avvegna che la subitana fuga
B
Benigna volontade in che si liqua
Buio d’inferno e di notte privata
C
Cantando come donna innamorata
Chi è costui che ’l nostro monte cerchia
Chi poria mai pur con parole sciolte
Come l’augello, intra l’amate fronde
Contra miglior voler voler mal pugna
Così di ponte in ponte, altro parlando
Così discesi del cerchio primaio
D
Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza
Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro
Deus, venerunt gentes’, alternando
Di nova pena mi conven far versi
Di pari, come buoi che vanno a giogo
E
Ecco la fiera con la coda aguzza
Era già l’ora che volge il disio
Era lo loco ov’a scender la riva
F
Forse semilia miglia di lontano
G
Già era ’l sole a l’orizzonte giunto
Già era dritta in sù la fiamma e queta
Già era in loco onde s’udìa ’l rimbombo
Già era l’angel dietro a noi rimaso
Già eran li occhi miei rifissi al volto
Già si godeva solo del suo verbo
Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande
Guardando nel suo Figlio con l’Amore
I
Imagini, chi bene intender cupe
In forma dunque di candida rosa
In quella parte del giovanetto anno
In su l’estremità d’un’alta ripa
Intra due cibi, distanti e moventi
Io dico, seguitando, ch’assai prima
Io era già da quell’ombre partito
Io vidi già cavalier muover campo
L
La bocca sollevò dal fiero pasto
La concubina di Titone antico
La gloria di colui che tutto move
La molta gente e le diverse piaghe
La sete natural che mai non sazia
Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
Luogo è in inferno detto Malebolge
M
Mentr’io dubbiava per lo viso spento
Mentre che li occhi per la fronda verde
Mentre che sì per l’orlo, uno innanzi altro
N
Né ’l dir l’andar, né l’andar lui più lento
Ne l’ora che non può ’l calor diurno
Nel mezzo del cammin di nostra vita
Nel tempo che Iunone era crucciata
Noi eravamo al sommo de la scala
Non era ancor di là Nesso arrivato
O
O insensata cura de’ mortali
O Padre nostro, che ne’ cieli stai
O poca nostra nobiltà di sangue
O Simon mago, o miseri seguaci
O sodalizio eletto a la gran cena
O tu che se’ di là dal fiume sacro
O voi che siete in piccioletta barca
Oppresso di stupore, a la mia guida
Ora cen porta l’un de’ duri margini
Ora era onde ’l salir non volea storpio
Ora sen va per un secreto calle
Osanna, sanctus Deus sabaòth
P
Pape Satàn, pape Satàn aleppe!
Parea dinanzi a me con l’ali aperte
Per correr miglior acque alza le vele
Per me si va ne la città dolente
Poi che la carità del natio loco
Poi fummo dentro al soglio de la porta
Poscia che ’ncontro a la vita presente
Poscia che Costantin l’aquila volse
Poscia che l’accoglienze oneste e liete
Posto avea fine al suo ragionamento
Q
Qual venne a Climené, per accertarsi
Quando ambedue li figli di Latona
Quando colui che tutto ’l mondo alluma
Quando il settentrion del primo cielo
Quando per dilettanze o ver per doglie
Quando si parte il gioco de la zara
Quanto tra l’ultimar de l’ora terza
Quel color che viltà di fuor mi pinse
Quel sol che pria d’amor mi scaldò ’l petto
R
Ricorditi, lettor, se mai ne l’alpe
Ruppemi l’alto sonno ne la testa
S
S’io avessi le rime aspre e chiocce
S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore
Se mai continga che ’l poema sacro
Sì come quando i primi raggi vibra
Sì tosto come l’ultima parola
Solea creder lo mondo in suo periclo
T
Taciti, soli, sanza compagnia
Tant’eran li occhi miei fissi e attenti
U
Una medesma lingua pria mi morse
V
Vago già di cercar dentro e dintorno
Vergine Madre, figlia del tuo figlio
Vexilla regis prodeunt inferni